Il presente contributo (commento all’art. 775 cod. civ.) tratteggia la nozione di donazione fatta da persona incapace d’intendere o di volere disciplinandone le conseguenze. I maggiori di età e i non interdetti, ossia le persone legalmente capaci, provvedono ai propri interessi; e tuttavia può accadere che non siano in grado di valutare adeguatamente le conseguenze degli atti compiuti. In questi casi si sostiene che il soggetto è affetto da incapacità naturale o di fatto, ai sensi dell’art. 428 cod. civ.: trattasi, quindi, di persona che, sebbene legalmente capace, sia tuttavia incapace di intendere o di volere. Rispetto alla regola generale il trattamento della donazione compiuta da soggetto incapace di intendere o di volere si caratterizza per il fatto che non costituiscono requisiti di annullabilità del contratto né il grave pregiudizio dell’incapace- sicchè può essere impugnata anche una donazione di modico valore- né la mala fede dell’altro contraente. Di seguito, in questo contesto l’azione di annullamento della donazione è contemplata dall’art. 775 cod. civ. che ne conferisce la legittimazione a qualunque persona la quale, sebbene non privata della capacità legale d’agire, si trovi, di fatto, per qualsiasi ragione, permanente o temporanea, in stato di incapacità d’intendere o di volere al momento del compimento dell’atto donativo. E’questo, quindi, l’unico presupposto necessario ai fini dell’annullamento, a nulla rilevando gli ulteriori requisiti richiesti dall’art. 428 cod. civ. Si vagliano altresì gli elementi richiesti allo scopo di giungere all'annullamento dell'atto. Nello specifico, pur dovendo essere la donazione annoverata tra i contratti, non sono necessari gli elementi richiesti dall'art. 428 cod. civ., ossia la prova della mala fede dell'altro contraente desumibile dal grave pregiudizio o da altre circostanze.
Sub art. 775 cod. civ.
RESTUCCIA R
2019-01-01
Abstract
Il presente contributo (commento all’art. 775 cod. civ.) tratteggia la nozione di donazione fatta da persona incapace d’intendere o di volere disciplinandone le conseguenze. I maggiori di età e i non interdetti, ossia le persone legalmente capaci, provvedono ai propri interessi; e tuttavia può accadere che non siano in grado di valutare adeguatamente le conseguenze degli atti compiuti. In questi casi si sostiene che il soggetto è affetto da incapacità naturale o di fatto, ai sensi dell’art. 428 cod. civ.: trattasi, quindi, di persona che, sebbene legalmente capace, sia tuttavia incapace di intendere o di volere. Rispetto alla regola generale il trattamento della donazione compiuta da soggetto incapace di intendere o di volere si caratterizza per il fatto che non costituiscono requisiti di annullabilità del contratto né il grave pregiudizio dell’incapace- sicchè può essere impugnata anche una donazione di modico valore- né la mala fede dell’altro contraente. Di seguito, in questo contesto l’azione di annullamento della donazione è contemplata dall’art. 775 cod. civ. che ne conferisce la legittimazione a qualunque persona la quale, sebbene non privata della capacità legale d’agire, si trovi, di fatto, per qualsiasi ragione, permanente o temporanea, in stato di incapacità d’intendere o di volere al momento del compimento dell’atto donativo. E’questo, quindi, l’unico presupposto necessario ai fini dell’annullamento, a nulla rilevando gli ulteriori requisiti richiesti dall’art. 428 cod. civ. Si vagliano altresì gli elementi richiesti allo scopo di giungere all'annullamento dell'atto. Nello specifico, pur dovendo essere la donazione annoverata tra i contratti, non sono necessari gli elementi richiesti dall'art. 428 cod. civ., ossia la prova della mala fede dell'altro contraente desumibile dal grave pregiudizio o da altre circostanze.File | Dimensione | Formato | |
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