Il paper mira ad anilizzare come l’utilizzo della rete internet e dei social media contribuisca alla creazione delle paure e dei pregiudizi danno vita ai sentimenti d’odio nei confronti dei soggetti disabili. Invero, il pregiudizio può produrre discriminazioni a partire dalla difficoltà di accesso al mondo del lavoro e della formazione, dagli ostacoli da superare per la mobilità, alle problematiche inerenti all’assistenza. Ogni qualvolta una persona con disabilità subisce un trattamento diversificato senza giustificazione è vittima di una discriminazione che altro non è che una violazione dei diritti umani. La transnazionalità delle condotte, per la presenza dei server in Paesi diversi da quello di residenza degli autori dei messaggi, rende difficile l’adozione di strumenti efficaci per il contrasto dell’hate speech, sebbene oggi gli hate speechers non si nascondono più dietro l’anonimato, facendosi riconoscere, per cercare maggiore consenso e legittimazione dai gruppi e dalle comunità virtuali a cui appartengono. A tali condotte si associa una maggiore violenza nel contenuto dei messaggi che rende tale fenomeno sempre più allarmante. Il dibattito tra il dover garantire il free speech o il dover reprimere l’hate speech è ancora acceso. A livello europeo sono stati adottati atti di c.d. soft law per regolamentare alcuni aspetti relativi agli hate speech. Particolarmente importante, pertanto, appare anche la formazione delle forze dell’ordine e della magistratura per prevenire e rispondere in modo efficace ai crimini d’odio incentivando le partnership a livello locale per denunciare tali reati. Solo in tal modo si può combattere l’intolleranza e la discriminazione e garantire ai gruppi socialmente emarginati e vulnerabili il godimento di tutti i diritti e la partecipazione al progresso sociale.
Hate speech e disabilità: profili criminologici e strategie di contrasto
Peluso P
2023-01-01
Abstract
Il paper mira ad anilizzare come l’utilizzo della rete internet e dei social media contribuisca alla creazione delle paure e dei pregiudizi danno vita ai sentimenti d’odio nei confronti dei soggetti disabili. Invero, il pregiudizio può produrre discriminazioni a partire dalla difficoltà di accesso al mondo del lavoro e della formazione, dagli ostacoli da superare per la mobilità, alle problematiche inerenti all’assistenza. Ogni qualvolta una persona con disabilità subisce un trattamento diversificato senza giustificazione è vittima di una discriminazione che altro non è che una violazione dei diritti umani. La transnazionalità delle condotte, per la presenza dei server in Paesi diversi da quello di residenza degli autori dei messaggi, rende difficile l’adozione di strumenti efficaci per il contrasto dell’hate speech, sebbene oggi gli hate speechers non si nascondono più dietro l’anonimato, facendosi riconoscere, per cercare maggiore consenso e legittimazione dai gruppi e dalle comunità virtuali a cui appartengono. A tali condotte si associa una maggiore violenza nel contenuto dei messaggi che rende tale fenomeno sempre più allarmante. Il dibattito tra il dover garantire il free speech o il dover reprimere l’hate speech è ancora acceso. A livello europeo sono stati adottati atti di c.d. soft law per regolamentare alcuni aspetti relativi agli hate speech. Particolarmente importante, pertanto, appare anche la formazione delle forze dell’ordine e della magistratura per prevenire e rispondere in modo efficace ai crimini d’odio incentivando le partnership a livello locale per denunciare tali reati. Solo in tal modo si può combattere l’intolleranza e la discriminazione e garantire ai gruppi socialmente emarginati e vulnerabili il godimento di tutti i diritti e la partecipazione al progresso sociale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.