Il rapporto della Gran Bretagna con il continente europeo, si articola su un un costante atteggiamento di ambivalenza, in cui la rivendicazione della propria autonomia culturale e politica convive con il riconoscimento di un reciproco legame di appartenenza destinato a manifestarsi soprattutto nei momenti di crisi, come quello dello seconda guerra mondiale. Spesso interpretata come un elemento di mediazione tra l’Europa e il resto del mondo, la Gran Bretagna, depositaria dei valori democratici di fronte alla minaccia del Nazismo, diventa in questo periodo il luogo di un intenso dibattito, animato dai principali esponenti dello scenario politico e diplomatico (da Churchill a Attlee, da Acland a Vansittart) e da movimenti, gruppi di opinione e partiti di diversa ispirazione ideologica (dalla Fabian Society al Political and Economic Planning). In particolare, intrecciandosi con le riflessioni teoriche di studiosi come Norman Angell o Lord Davies, i progetti federalisti elaborati tra le due guerre da Mackay, Jennings, Streit e da altri sostenitori della Federal Union, costituiranno il nucleo propulsivo di unanimato confronto intellettuale che, a partire dalle questioni relative alla posizione internazionale della Gran Bretagna, sarebbe confluito in una più ampia ed estesa indagine sul tema della tradizione occidentale, coinvolgendo di volta il contributo proveniente dagli ambienti anglo-cattolici e le interpretazioni di intellettuali come Arthur Koestler, George Orwell, T.S. Eliot e Christopher Dawson. Nel loro complesso, le contrastanti e variegate discussioni sul tema dell’Europa confermano la ricorrente tendenza dei sentimenti filo-europeistici e euroscettici a disporsi trasversalmente nei diversi schieramenti politici, rendendo inadeguata la tradizionale distinzione tra progressisti e conservatori.
All'ascolto dell'Europa. La Gran Bretagna e il secondo conflitto mondiale
ARCIERO A
2012-01-01
Abstract
Il rapporto della Gran Bretagna con il continente europeo, si articola su un un costante atteggiamento di ambivalenza, in cui la rivendicazione della propria autonomia culturale e politica convive con il riconoscimento di un reciproco legame di appartenenza destinato a manifestarsi soprattutto nei momenti di crisi, come quello dello seconda guerra mondiale. Spesso interpretata come un elemento di mediazione tra l’Europa e il resto del mondo, la Gran Bretagna, depositaria dei valori democratici di fronte alla minaccia del Nazismo, diventa in questo periodo il luogo di un intenso dibattito, animato dai principali esponenti dello scenario politico e diplomatico (da Churchill a Attlee, da Acland a Vansittart) e da movimenti, gruppi di opinione e partiti di diversa ispirazione ideologica (dalla Fabian Society al Political and Economic Planning). In particolare, intrecciandosi con le riflessioni teoriche di studiosi come Norman Angell o Lord Davies, i progetti federalisti elaborati tra le due guerre da Mackay, Jennings, Streit e da altri sostenitori della Federal Union, costituiranno il nucleo propulsivo di unanimato confronto intellettuale che, a partire dalle questioni relative alla posizione internazionale della Gran Bretagna, sarebbe confluito in una più ampia ed estesa indagine sul tema della tradizione occidentale, coinvolgendo di volta il contributo proveniente dagli ambienti anglo-cattolici e le interpretazioni di intellettuali come Arthur Koestler, George Orwell, T.S. Eliot e Christopher Dawson. Nel loro complesso, le contrastanti e variegate discussioni sul tema dell’Europa confermano la ricorrente tendenza dei sentimenti filo-europeistici e euroscettici a disporsi trasversalmente nei diversi schieramenti politici, rendendo inadeguata la tradizionale distinzione tra progressisti e conservatori.File | Dimensione | Formato | |
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