Le “risorse naturali” ed i “corpi celesti”. Il presente contributo mira ad analizzare i progetti di sfruttamento delle risorse naturali dello spazio, con particolare riferimento a talune questioni giuridiche ad essi correlati. In particolare verranno messe in rilievo le principali problematiche che fanno emergere un quadro normativo incerto e poco chiaro e che sollevano la necessità di definire un regime internazionale ad hoc per lo sfruttamento di tali risorse al fine di attirare i necessari ed adeguati investimenti e rispondere a quel bisogno di sviluppo sicuro, ordinato e razionale delle attività nello spazio. Più nel dettaglio, il contributo intende muovere da una questione giuridica preliminare, vale a dire le definizioni di “risorsa naturale” e di “corpo celeste”, alla luce dell’attuale regolazione internazionale in materia. Per entrambe si adotterà una definizione di tipo “funzionale”. Per la definizione di “risorsa naturale”, ad esempio, si noterà come tale concetto non venga chiarito né dall’OST, né dagli altri trattati sullo spazio. Infatti, l’art. 11.1 dell’Accordo sulla Luna si limita a dichiarare che le sue risorse costituiscono Patrimonio comune dell’umanità, mentre l’art. 44.2 della Costituzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) dispone che “nell’utilizzare le bande di frequenze per i servizi di radiocomunicazione, gli Stati membri tengono conto del fatto che le frequenze e l’orbita dei satelliti geostazionari sono risorse naturali limitate [corsivo aggiunto]”. Si Metterà in evidenza come il riferimento alle risorse naturali in strumenti giuridici che si occupano di differenti ambienti fisici (lo spazio in senso stretto inteso come vuoto e i corpi celesti) trascenda da una categorizzazione che distingue le risorse tangibili dei corpi celesti da quelle non tangibili dello spazio. Pertanto, una nozione giuridica basata su di un criterio fisico e materiale non può essere ritenuta valida, in quanto anche le risorse non tangibili, come orbite e frequenze, sono a tutti gli effetti considerate risorse naturali dello spazio. Tuttavia, in questo modo si rischierebbe di sfociare in una definizione eccessivamente ampia, all’interno della quale potrebbe ricadere qualunque componente dello spazio extra-atmosferico. Per risolvere la questione, si ritiene di poter ricorrere ad una definizione di tipo “funzionale”, coerentemente con quella che si adotterà per la definizione di “corpo celeste”: un particolare fenomeno dello spazio è considerato una “risorsa naturale” se, attraverso l’azione umana e l’attività di sfruttamento, è possibile ricavarvi un potenziale valore economico . In linea con la definizione funzionale di risorsa naturale, anche la definizione di “sfruttamento”, cioè l’attività rivolta alle risorse naturali ed energetiche dello spazio (come l’energia solare e le posizioni in orbita), e dei corpi celesti (in particolare la Luna e gli asteroidi), deve caratterizzarsi essenzialmente da un interesse economico. Lo sfruttamento delle risorse naturali dei corpi celesti. La parte centrale del lavoro riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali dei corpi celesti. Rispetto al primo allunaggio avvenuto il 20 luglio 1969, lo sviluppo economico e tecnologico hanno fatto importanti passi in avanti e non ci sono dubbi che oggi si può viaggiare verso la Luna e verso altri corpi celesti in modo più efficiente ed efficace rispetto al passato. La corsa spaziale non si è conclusa con la guerra fredda, anzi continua tutt’oggi spinta dagli imponenti interessi di natura commerciale. Negli ultimi anni, in particolare, sono il ritorno sulla Luna e l’esplorazione dei cd. Near Earth Asteroids (NEA) che rappresentano obbiettivi rilevanti nella politica spaziale sia di space-faring nations, come la Russia, sia dei nuovi protagonisti come ad esempio la Cina. Lo scopo, però, non è tanto quello di dimostrare la superiorità tecnologica, politica ed economica come fu per la missione Apollo, ma di estrarre, sfruttare e commercializzare le risorse naturali dei corpi celesti. Questi, infatti sono ricchi di elementi, minerali, idrocarburi e metalli, alcuni abbondanti sulla Terra, altri rari, il cui utilizzo appropriato può rispondere alla crescente domanda di energia e offrire un’importante spinta economica a diversi settori industriali, oltre a quello spaziale. L’attività di estrazione e di sfruttamento sollevano, però, una serie di questioni di natura giuridica. In particolare, il vero nodo da sciogliere è se sussiste o meno la possibilità di impossessarsene non solo per scopi scientifici, ma anche per la loro eventuale commercializzazione. L’attuale quadro normativo, costituito principalmente dall’Outer Space Treaty e dal Moon Agreement, è quanto mai incerto, in quanto non esiste ancora chiarezza sulla possibilità di ottenere dei diritti di proprietà sulle risorse naturali e sulle possibili conseguenze di eventuali ricadute ambientali. Il primo profilo riguarda l’acquisizione dei diritti di proprietà sulle risorse naturali. La domanda che ci si pone, infatti, è fino a che punto l’attuale regime giuridico consente il loro sfruttamento e la loro appropriazione. Le interpretazioni formulate sono state diverse, ma ad oggi non ne esiste una universalmente accettata e riconosciuta, influendo in questo modo sia sulla ricerca di investimenti sia sulla possibilità della commercializzazione delle risorse, in quanto difficilmente uno Stato o un ente privato metterebbe a disposizione le proprie risorse finanziarie senza la garanzia di un ritorno dei propri investimenti. Il dibattito in merito alle diverse questioni giuridiche volte a chiarire le norme contenute nell’OST e nel Moon Agreement costituisce, dunque, un elemento chiave per stimolare la partecipazione degli Stati e degli operatori privati nello sfruttamento dei corpi celesti e per rendere redditizia tale attività. Il secondo profilo che intendiamo esaminare concerne problematiche di carattere ambientale. I progetti precedentemente analizzati non possono che sollevare preoccupazioni relative alla protezione e alla preservazione dell’ambiente dei corpi celesti, soprattutto di quello lunare considerato particolarmente delicato. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, la consapevolezza di accompagnare lo sviluppo economico con la protezione dell’ambiente è cresciuto in modo considerevole nell’ambito della Comunità internazionale. In vista, quindi, di un possibile sfruttamento delle risorse dei corpi celesti il dibattito in sede internazionale ha dedicato la sua attenzione anche alle possibili ricadute da un punto di vista ambientale dell’attività di sfruttamento. Nell’analisi che con il presente contributo si intende condurre, specifica attenzione verrà dedicata al Principio 15 della Dichiarazione di Rio, che come noto afferma che al fine di proteggere l’ambiente, gli Stati dovranno applicare, secondo le loro capacità, il metodo precauzionale e, in caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non dovrà servire da pretesto per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive volte a prevenire il degrado ambientale. Tale principio (non previsto espressamente nell’OST) assume una particolare valenza per ambienti come i corpi celesti, la cui fragilità rende i risultati di possibili attività ivi svolte ancora più incerti. Nel contributo saranno avanzate anche proposte regolatorie per un’adeguata tutela ambientale dei corpi celesti, tenendo conto dell’attuale (incerto) regime giuridico in materia. Il contributo inoltre si focalizzerà brevemente sugli aspetti relativi alle risorse dei corpi celesti e alla fattibilità tecnica ed economica delle relative attività di sfruttamento.

L'attività di sfruttamento delle risorse naturali dello spazio con particolare riferimento alle risorse dei corpi celesti

GASPARI F;
2015-01-01

Abstract

Le “risorse naturali” ed i “corpi celesti”. Il presente contributo mira ad analizzare i progetti di sfruttamento delle risorse naturali dello spazio, con particolare riferimento a talune questioni giuridiche ad essi correlati. In particolare verranno messe in rilievo le principali problematiche che fanno emergere un quadro normativo incerto e poco chiaro e che sollevano la necessità di definire un regime internazionale ad hoc per lo sfruttamento di tali risorse al fine di attirare i necessari ed adeguati investimenti e rispondere a quel bisogno di sviluppo sicuro, ordinato e razionale delle attività nello spazio. Più nel dettaglio, il contributo intende muovere da una questione giuridica preliminare, vale a dire le definizioni di “risorsa naturale” e di “corpo celeste”, alla luce dell’attuale regolazione internazionale in materia. Per entrambe si adotterà una definizione di tipo “funzionale”. Per la definizione di “risorsa naturale”, ad esempio, si noterà come tale concetto non venga chiarito né dall’OST, né dagli altri trattati sullo spazio. Infatti, l’art. 11.1 dell’Accordo sulla Luna si limita a dichiarare che le sue risorse costituiscono Patrimonio comune dell’umanità, mentre l’art. 44.2 della Costituzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (ITU) dispone che “nell’utilizzare le bande di frequenze per i servizi di radiocomunicazione, gli Stati membri tengono conto del fatto che le frequenze e l’orbita dei satelliti geostazionari sono risorse naturali limitate [corsivo aggiunto]”. Si Metterà in evidenza come il riferimento alle risorse naturali in strumenti giuridici che si occupano di differenti ambienti fisici (lo spazio in senso stretto inteso come vuoto e i corpi celesti) trascenda da una categorizzazione che distingue le risorse tangibili dei corpi celesti da quelle non tangibili dello spazio. Pertanto, una nozione giuridica basata su di un criterio fisico e materiale non può essere ritenuta valida, in quanto anche le risorse non tangibili, come orbite e frequenze, sono a tutti gli effetti considerate risorse naturali dello spazio. Tuttavia, in questo modo si rischierebbe di sfociare in una definizione eccessivamente ampia, all’interno della quale potrebbe ricadere qualunque componente dello spazio extra-atmosferico. Per risolvere la questione, si ritiene di poter ricorrere ad una definizione di tipo “funzionale”, coerentemente con quella che si adotterà per la definizione di “corpo celeste”: un particolare fenomeno dello spazio è considerato una “risorsa naturale” se, attraverso l’azione umana e l’attività di sfruttamento, è possibile ricavarvi un potenziale valore economico . In linea con la definizione funzionale di risorsa naturale, anche la definizione di “sfruttamento”, cioè l’attività rivolta alle risorse naturali ed energetiche dello spazio (come l’energia solare e le posizioni in orbita), e dei corpi celesti (in particolare la Luna e gli asteroidi), deve caratterizzarsi essenzialmente da un interesse economico. Lo sfruttamento delle risorse naturali dei corpi celesti. La parte centrale del lavoro riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali dei corpi celesti. Rispetto al primo allunaggio avvenuto il 20 luglio 1969, lo sviluppo economico e tecnologico hanno fatto importanti passi in avanti e non ci sono dubbi che oggi si può viaggiare verso la Luna e verso altri corpi celesti in modo più efficiente ed efficace rispetto al passato. La corsa spaziale non si è conclusa con la guerra fredda, anzi continua tutt’oggi spinta dagli imponenti interessi di natura commerciale. Negli ultimi anni, in particolare, sono il ritorno sulla Luna e l’esplorazione dei cd. Near Earth Asteroids (NEA) che rappresentano obbiettivi rilevanti nella politica spaziale sia di space-faring nations, come la Russia, sia dei nuovi protagonisti come ad esempio la Cina. Lo scopo, però, non è tanto quello di dimostrare la superiorità tecnologica, politica ed economica come fu per la missione Apollo, ma di estrarre, sfruttare e commercializzare le risorse naturali dei corpi celesti. Questi, infatti sono ricchi di elementi, minerali, idrocarburi e metalli, alcuni abbondanti sulla Terra, altri rari, il cui utilizzo appropriato può rispondere alla crescente domanda di energia e offrire un’importante spinta economica a diversi settori industriali, oltre a quello spaziale. L’attività di estrazione e di sfruttamento sollevano, però, una serie di questioni di natura giuridica. In particolare, il vero nodo da sciogliere è se sussiste o meno la possibilità di impossessarsene non solo per scopi scientifici, ma anche per la loro eventuale commercializzazione. L’attuale quadro normativo, costituito principalmente dall’Outer Space Treaty e dal Moon Agreement, è quanto mai incerto, in quanto non esiste ancora chiarezza sulla possibilità di ottenere dei diritti di proprietà sulle risorse naturali e sulle possibili conseguenze di eventuali ricadute ambientali. Il primo profilo riguarda l’acquisizione dei diritti di proprietà sulle risorse naturali. La domanda che ci si pone, infatti, è fino a che punto l’attuale regime giuridico consente il loro sfruttamento e la loro appropriazione. Le interpretazioni formulate sono state diverse, ma ad oggi non ne esiste una universalmente accettata e riconosciuta, influendo in questo modo sia sulla ricerca di investimenti sia sulla possibilità della commercializzazione delle risorse, in quanto difficilmente uno Stato o un ente privato metterebbe a disposizione le proprie risorse finanziarie senza la garanzia di un ritorno dei propri investimenti. Il dibattito in merito alle diverse questioni giuridiche volte a chiarire le norme contenute nell’OST e nel Moon Agreement costituisce, dunque, un elemento chiave per stimolare la partecipazione degli Stati e degli operatori privati nello sfruttamento dei corpi celesti e per rendere redditizia tale attività. Il secondo profilo che intendiamo esaminare concerne problematiche di carattere ambientale. I progetti precedentemente analizzati non possono che sollevare preoccupazioni relative alla protezione e alla preservazione dell’ambiente dei corpi celesti, soprattutto di quello lunare considerato particolarmente delicato. Nel corso degli ultimi decenni, infatti, la consapevolezza di accompagnare lo sviluppo economico con la protezione dell’ambiente è cresciuto in modo considerevole nell’ambito della Comunità internazionale. In vista, quindi, di un possibile sfruttamento delle risorse dei corpi celesti il dibattito in sede internazionale ha dedicato la sua attenzione anche alle possibili ricadute da un punto di vista ambientale dell’attività di sfruttamento. Nell’analisi che con il presente contributo si intende condurre, specifica attenzione verrà dedicata al Principio 15 della Dichiarazione di Rio, che come noto afferma che al fine di proteggere l’ambiente, gli Stati dovranno applicare, secondo le loro capacità, il metodo precauzionale e, in caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non dovrà servire da pretesto per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive volte a prevenire il degrado ambientale. Tale principio (non previsto espressamente nell’OST) assume una particolare valenza per ambienti come i corpi celesti, la cui fragilità rende i risultati di possibili attività ivi svolte ancora più incerti. Nel contributo saranno avanzate anche proposte regolatorie per un’adeguata tutela ambientale dei corpi celesti, tenendo conto dell’attuale (incerto) regime giuridico in materia. Il contributo inoltre si focalizzerà brevemente sugli aspetti relativi alle risorse dei corpi celesti e alla fattibilità tecnica ed economica delle relative attività di sfruttamento.
2015
978-84-16402-49-6
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